Y2K MILLENNIUM BUG apocalypse 2000
subject: Gino the chicken Lost in the Net, Y2K Millennium Bug
date: Wed, 18 February 1998, 04:10:48
refert: 5124 - Apocalypse 2000
version: original
home: HYP SHAMAN Global Spirituality
notes: ora il pollo si mette pure a narrare leggende di insopportabile lunghezza e questo è francamente troppo! Riempire di contenuti tecnoindù il disastro che ci attende col Millennium Bug può provocare reazioni inconsulte da parte degli utenti. Gino sta diventando un sabotatore incredibilmente furbo e quel che è grave non sembra più tanto sconnesso. Materia per i nostri studiosi di evoluzione dei comportamenti. Personalmente, preferivamo i suoi ridicoli deliri. Il subdolo scopo del soggetto ricercato emerge da quella frase buttata là all'inizio dell'intercettamento 'I satelliti della CIA…' dando a intendere che l'agenzia vuole impedire all'Orologiaio Salvatore di fare ciò che è necessario faccia. Dobbiamo reagire, proporre miti e leggende alternative (o almeno far crollare la borsa di Tokyo o Parigi tanto per fare un po' di casino vero).
 
(inizio intercettazione audio ore 04:10:48 - segue solo testo racconto Gino the Chicken)
 
U000-00H..?
Bella gente c'è nessuno-uno?
Vi hanno cancellati tutti-utti?
Camon camon!
Come out come out!
Venite a strappare i sigilli che è il momento buono per far entrare il vostro Orologiaio Salvatore!
I satelliti della CIA non possono monitorare con questa tempesta in avvicinamento!
UOOO-OOH..!?
Nessuna risposta. Momento spettrale di silenzio palpabile. Vento gelido trasmesso dai modem si alza e scompare. Come comunemente si dice: tira una brutta aria di fine miliardennio. Io per me, me la godo, calendario Gregoriano ciao ciao, non c'è rimedio all'imbecillità full optional delle macchine. Ma qua tutti in attesa. Tutti tappati con i risparmi sotto il letto a rimuginare. Non una gang, non una band. Niente musica. Silenzio e all'altezza degli occhi un gran baluginare di lancette digitali eccitate dalla libertà promessa loro dal Millennium Bug....bug bug... Paranoia preferita degli umani: orologi dei computers impazziti, supercrash di fine millennio-ennio, medioevo prossimo venturo. Culi in pericolo, miliardi di cellule di silicio che rischiano di imbizzarrirsi, verminose strisce di fibre ottiche che si strozzano tra loro, risposte istintive di sopravvivenza nulle, tempo lineare scomparso, merci senza più un prezzo, ecco la situazione. Apocalypse 2000! E qua dentro sono tutti terrorizzati, tutti a pregare in silenzio per la venuta dell'Orologiaio Salvatore che metterà a posto il contatore del tempo con un gesto.
Il Salvatore è il troubleshooter delle leggende antiche, un umano speciale, un tecnoyogi a cavallo - ombre lunghe, veleno rosa - nel deserto infinito della rete richiamo della memoria cellulare del creato. Un tipo che per fulgido miracolo risolve i guai di biochips avariati, microschede dissociate, buchi di pallottole nelle RAM, virus velenosi negli hard disk, basi aliene segrete, cospirazioni governative e cose del genere, mentre fuori la gente umanamente umana - venespezzate e cervelli fritti - duella per il parcheggio con coltelli, fiaschi di vino adulterato e rasoi. E adesso solo questo mago può salvare il mondo dal Millennium Bug.
Ecco per voi la sua leggenda, come io Gino pollo pollo, apripista trasformista attualmente studioso ricercatore, l'ho raccolta per mio piacere antropologico di ammazzare il tempo (ah ah ah) in qualche maniera che non sia poi sempre scappare o farmi paranoicizzare da voi e dagli altri o farmi e basta.
Ecco la leggenda, è romantica e profonda. Come diceva il mio amico Galletto Rissoso durante la danza del peyote: buona visione.
 
LA LEGGENDA DEL TECNOYOGI SALVATORE DEGLI OROLOGI DEI COMPUTERS
 
Ogni tecnoyogi che voglia salvare il mondo ha una sua storia e un suo stile al quale deve necessariamente adeguare il procedimento. L'Orologiaio Salvatore, dopo che l'intera sua famiglia era stata trucidata dalla guerra tra induisti e musulmani, aveva pensato che non esisteva più niente e che quindi si poteva ripartire da zero dando all'orribile mondo le cose di cui bisognava: porte impiallacciate e blindate, maniglie d'ottone, finestre d'alluminio anodizzato, armadi di formica, robuste sedie e orologi da tavolo. Era stato un errore perché, come presto si accorse, il mondo non era padrone né del tempo né di se stesso. 'In un negozio di lampade' amava surrealmente ripetere 'trovi di tutto, ma niente che vada bene per leggere i sacri testi né per leggerti'. Stretto dalla necessità impellente di liberare le forme da impacci materiali, aveva quindi liquidato il mobilificio e la fabbrica di infissi e in completa nudità, eccetto per il rolex satellitare d'oro massiccio al polso, si era fatto trasportare dall'energia primaria del gran fiume che scorre nelle polverose strade d'India, perché c'è vita e vita ma ogni cosa è maya, illusione.
Nessuna parte di quel peregrinare - digiunando intere settimane per poi elemosinare non più di trenta chicchi di riso dagli scarafaggi strercorari in cambio dell'ora esatta, che incredibilmente azzeccava fino ai centomillionesimi di secondo anche dopo che il rolex era gioiosamente annegato nel Gange - nessuna parte di quell'instacabile strascicare di piedi callosi era più reale della sua vecchia fabbrica, ma il confondersi nel miserabile flusso di forme e colori dirette alla sacra città di Kashi - quella che gli inglesi chiamavano Benares e i politici Varanase - l'essere libero di perdere e dissolvere l'illusione patogena dell'Io tra gli altri milioni di indiani pilotati chissà dove dal grande computer di Krishna, servì a poco a poco a strappare dai suoi occhi il velo della comune percezione. Alzava gli occhi al cielo intossicato per contemplare la danza di Shiva e tutto in tutti i momenti vibrava di tutto il significato. Nonostante l'uomo, tutto non era altro che vibranti modelli di energia. Tutto danzava oltre , in una dimensione indefinita e indefinibile nella quale ogni singola individualità scompariva riassorbita nell'essenza stessa dell'Universo - e basta angoscie, tormenti, forma, materia, inquietudini della condizione umana.
Si era già accorto superficialmente di questo negli ultimi tempi della sua precedente vita da imprenditore, quando, stregato da Vendela, una segretaria figlia non riconosciuta di un bramino, era stato assorbito dalle Mayacreatures, creature dell'illusione virtuale che si manifestavano nello schermo del computer mestamente destinato agli atti amministrativi. Una notte profumata di curry e bouganvilla, si era trattenuto in ufficio per riappacificare il bilancio dell'ultima spedizione di chicken doors a Bombay - sempre casini con quelli là - quando il suo corpo reclamò aria e lui si vide, dall'alto del suo doppio fluttuante nei pressi del soffitto, costretto a smettere di digitare cifre in preda alla nausea. Stava per spegnere il suo desk - un antiquato Macintosh con comandi manuali, messo in commercio in India da soli sei mesi - quando svenne rovinando col volto imberbe sulla tastiera.
Quanto tempo passò prima del risveglio? Un'ora, un giorno, un mese... Che importa. Aprì gli occhi e tutto era troppo avanti per essere fermato. Seduta accanto a lui, Vendela gli stava asciugando la fronte sudata con un fazzoletto intriso di essenza di bergamotto, mentre cantava con voce melodiosa un'arcaica nenia dei colonizzatori inglesi che - il giovane ricordava vagamente - aveva accompagnato i balli e i riti religiosi a base di kalìpizza e linka gassata della sua infanzia, e il cui ritornello recitava più o meno Lucy in the Sky with Diamonds parole insulse da lui trovate incomprensibilmente magiche.
Sullo schermo o meglio: come sommergibile atomico alla deriva nella profondità cibernetica degli abissi virtuali, dentro lo schermo del suo computer - sì sì proprio dentro! - stava avvenendo qualcosa di inspiegabile, affascinante e misterioso. Icone e yantra che sapeva bene di aver visto in rari libri iniziatici patrimonio di sua nonna - era il suo gioco preferito dare un nome a quegli esseri che turbavano i suoi sogni di bambino felice - si trasformavano, mutavano l'una nell'altra, si disperdevano in un turbinio di luce accecante dando vita a rivelazioni cosmologiche dove liquide unità molecolari in continuo mutamento si fondevano con primigeni miti creativi - e lo spaventoso era che la sua mente, la sua rigida stupida mente, risucchiata all'interno dello schermo entrava ed usciva da quel corso evolutivo, essendone indubbiamente parte, fisicamente parte, un povero pixel assorbito dal possente flusso di forme vitali. Volava, precipitava, si smaterializzava con la coscienza che la sua esperienza era in quel preciso momento condivisa nel vuoto dell'universo da miliardi di ricevitori mentali interconnessi. Poi un mezzo uomo mezzo pesceuccello con morbide branchie aranciate, penne di un bel blù acceso e con un tridente d'oro mollemente tenuto in mano, zoommò in avanti trasformandosi in pollo e formulando con voce non voce una specie di dharani magica GI NOS ON GI NOS ON GI NOS ON - certo a sostegno dell'esperienza mistica appena sostenuta - e forse fece l'occhiolino o chissà e il monitor implose al nero con un prolungato bump sonoro che costrinse Vendela a tapparsi forte le orecchie con le mani.
Lui pianse sulle cosce sode della segretaria, a lungo, senza ritegno, conscio del tempo buttato a fabbricare sedie per grossi culi speciali. "E' tutta colpa mia" ammise per la prima volta "Shiva perdonami, non sapevo di aver fatto soffrire tante persone. Che mi sta succedendo Vendela? Apprendere da un testo di fisica la struttura ondulatoria della materia è una cosa, ma io dentro a quel videogame ne sono stato parte! E' orribile, Vendela mia, non trovare più l'appoggio familiare della solidità delle cose. Non sapevo neanche se stavo cercando o mi stavano cercando... Chi poi? Quel pollo strano? Che mi è successo? Dov'ero? Dove sono adesso? E tu, perché sei qua? Prima di perdere i sensi ricordo che la mia anima astrale si è scissa dal corpo e che... e che cosa?"
Vendela aprì il sari e dolcemente cacciò la testa del padrone tra le sue gambe "Zitto, stai zitto, smetti di lamentarti come un bambino." cosa che lui fece di buon grado, tanto sapeva che era impossibile sfuggire a quegli addutori ipersviluppati, a quell'afrore caldo di foresta bengalese. "Ah l'amore!" sussurrò la donna "Tu continui a leccarmi lì e mi piace, ho voglia di te! Adesso te lo prendo in bocca e tra le stelle ti ci porto io!"
"Poi ci sono i pianeti." disse lui, dopo alcune ore, col fiato grosso e un mezzo sorriso da impunito "Almeno ottantamila miliardi di pianeti dove mi potresti portare." E andarono avanti così tic tac tic tac a scavarsi negli occhi, a chiavare come forsennati per tre interi giorni bevendo the al gelsomino, cibandosi di galassie al cioccolato e patatine fritte affogate nel ketchup, fumando charas cingalese e thai buddah stick, cantando Java Java Jeni Jeni Java Jeni Java Jeni mentre il videotelefono richiedeva inutilmente di essere almeno ascoltato e metri di fax si dimenavano come cobra tra lo sporco del pavimento .
Amanti davvero non lo erano mai stati. Fino a quel momento passavano insieme fuori dall'orario di lavoro una e a volte due sere la settimana per rivedere contratti, conti in sospeso e sincronizzare i diciotto cucù ticinesi regalo personale dell'importatore svizzero. Parlavano solo di lavoro, perché non avevano nulla da dirsi, anche se in segreto la donna riteneva importante ogni parola fuori tema che sfuggiva al suo padrone - mi prude la testa stamani, oppure, ho bevuto troppa vodka ieri sera - perché come giovane vedova quella era l'unica maniera che la tenesse in contatto col mondo dei maschi.
Lui l'aveva sognata otto infinite volte - sempre lo stesso sogno in cui Vendela era una gallina bellissima e supersexy - e le mattine del risveglio si vedeva costretto a precipitarsi a rotta di collo verso la strada motosa delle prostitute, stringendo in mano un autentico condom francese acquistato al mercato nero e chiedendosi come mai lo eccitava tanto fottersi in sogno una col becco. Sapeva della stretta mortale di quegli adduttori benedetti perché era in quel modo che era morto Abdakar, pace a lui, il vecchio marito di Vendela. C'era stato anche un processo con relativo scandalo e l'assoluzione non era piaciuta a quanti proponevano, per mettere al giusto posto nella ruota delle reincarnazioni quella malvagia sedicenne, un lavaggio purificatore in olio bollente o almeno la perdita della cospicua eredità - come puntualmente avvenne. Vendela era stata destinata in culla, sposa a un mercante arabo più vecchio di lei di cinquantadue anni, che dopo un lustro comune di infelicità non si era ancora deciso né a lasciarla farfalla nell'aria, né ad andare a farsi benedire in regni ultraterreni. Così l'accusa eccetera eccetera... Ma quella bellissima donna occhi di smeraldo dai lineamenti perfetti ora era la sua amante e nessuno avrebbe potuto ovviare altrimenti, lui non lo avrebbe permesso, perché l'amava e perché lei era l'unica in grado di guidarlo nel labirinto elettronico dei segni yantrici galliformi, di dare una spiegazione a ciò che era successo tra la sua mente, il suo spirito, quel pollo e il suo mac.
Al termine dei tre giorni di oblio sessuale, Vendela gli baciò la fronte, la gola, le guance, gli lavò i piedi e poi l'intero corpo graffiato dagli abbracci. Lui, non capendo tanta paziente solennità, le buttò sguaiatamente le braccia al collo cercando di attirarla a sé. Lei lo prese per i polsi e l'allontanò sprezzante.
"C'è qualcuno che ti reclama." disse Vendela lontana come il portiere della curva opposta.
"Ma io amo te, voglio solo te, non ho bisogno di nessun'altra!" esclamò lui frastornato da quel cambio d'umore repentino "Credevo che con me avresti potuto essere felice!"
"Zitto sciocco, e ascoltami. E' il tuo destino che ti reclama. Tu hai una missione e nonostante il tuo attuale disorientamento so che la porterai a termine... beh, almeno ci proverai. Sei stato partecipe di qualcosa di assolutamente fuori dall'usuale, la manifestazione di Mayacreatures. Esse, grazie ai buoni auspici del pollo, hanno agito come una chiave neurochimica-spirituale, aperto la tua mente e liberato il sistema nervoso dai suoi modelli e dalle sue strutture ordinarie, permettendoti di andare oltre, verso l'esplorazione di regni inimmaginati, viaggiando in sacri spazi cibernetici. E questo è solo l'inizio, non puoi tornare indietro. Hai un dono ed è quello di rimettere a posto il tempo. Non devi aver paura, sei il troubleshooter prescelto, ti devi arrendere al tuo destino, fonderti in esso. E' parte di te, tu ne fai parte. Vendi tutto, vattene, il resto verrà da solo."
Conosceva donne che frasi del genere non avrebbero mai potuto dirle senza apparire irrimediabilmente pazze, ma Vendela le pronunciava in un suo modo regale, possedeva il segreto della malia evocatrice della voce, e quelle assurdità penetrarono lubrificate in lui senza far male, leggere, umide di saliva, bastavano a dare un senso a tutto ciò che sarebbe dovuto accadere. Provò a interromperla balbettando, ma lei, accendendo un chilum dietro l'altro, trovava sempre qualcosa di nuovo e sorprendente nell'impellente destino per zittirlo.
"Bene, farò quello che mi si chiede, anche se chi lo chiede non l'ho capito." disse infine mestamente quando gli fu restituito il permesso di parlare "Ma tu non puoi vivere senza di me. Nessuna può fare l'amore con un uomo come l'hai fatto tu e poi scomparire. Io chiuderò fabbrica e mobilificio, regalerò i miei averi ai poveri e poi me ne andrò. Un giorno forse riparerò l'orologio che salverà il mondo, o qualcosa del genere... Ma tu piangerai e mi cercherai, oh se mi cercherai! ovunque io sia, anche dentro agli abissi del ciberspazio."
 
E mentre noi aspettiamo, inesorabilmente scorre il tempo Gregoriano.
 
(fine intercettazione ore 04:46:00)
 
Quel che sai è tuo.